L’etimologia della parola nostalgia è greca, e mette assieme i termini: Nostos (ritorno) e algos (dolore). Si tratta quindi, da un punto di vista etimologico, di ricordo che causa dolore.
Ma non è un ricordare qualcosa di doloroso, anzi, il dolore è provocato dalla bellezza del ricordo e dalla impossibilità di andare oltre la sua rievocazione e di concretizzarlo.
La nostalgia è legata al desiderio, ma poiché in essa gioca il fattore tempo, impossibile da percorrere al contrario, il destino di ogni desiderio associato alla nostalgia è quello di essere irrealizzabile.
La nostalgia, in un certo senso, manda in corto circuito il nostro naturale tendere a qualcosa di migliore, a desiderare qualcosa di sempre più appagante, a non accontentarci mai.
Il problema è che la natura umana è fatta in modo che il nostro passato appaia di molto migliore del nostro presente. La cosa è tanto più vera quanto più invecchiamo e ci accorgiamo del venir meno del nostro vigore, sia fisico che mentale.
Quindi è facile che ci appaiano migliori del presente anche frammenti di ricordo che rimandano a periodi faticosi, difficili, persino dolorosi, semplicemente perché noi eravamo diversi, ed era diverso il nostro atteggiamento mentale nei confronti della vita.
Tristezza e rimpianto sono i principali stati d’animo che caratterizzano la nostalgia. Entrambi generati dalla impossibilità di rivivere davvero ciò che scorre nella nostra mente.
Ruben Dario, poeta nicaraguense dell’800, ebbe a paragonare la sua incapacità di esprimere i propri sentimenti, all’abbraccio impossibile della venere di Milo, ed è la sintesi del significato della parola nostalgia, è la cosa più vicina alla realtà che tenta di descrivere, ovvero l’immergersi nel ricordo del calore dei nostri affetti più cari, ed il ritrovarsi a non poter essere abbracciati, avvolti da loro.
YO PERSIGO UNA FORMA QUE NO ENCUENTRA MI ESTILO
Seguo una strada
che non trova il mio stile,
pulsante del
pensiero che cerca di essere la rosa;
Si annuncia con un
bacio che si posa sulle mie labbra
l'impossibile
abbraccio della Venere di Milo.
Le palme verdi
abbellano il portico bianco;
Gli astri hanno
predetto la visione della Dea;
E nella mia anima
la luce riposa, come riposa
l'uccello
della luna su un lago calmo.
E trovo solo la parola che fugge,
l'iniziazione melodica che fluisce dal flauto
e la barca dei sogni che vaga nello spazio;
E sotto la finestra della mia bella addormentata,
il continuo singhiozzo del getto della fontana
E il collo del grande cigno bianco che mi interroga.
(Rubén DarÃo, Prosas profanas y otros poemas, 1879)
Desiderare ciò che la nostalgia ci mette dentro al cuore è quindi doloroso, struggente ed irrealizzabile.
La mia amica Francy, quando dice di provare nostalgia dell’infinito, dell’eterno e della pace che le dà la contemplazione di Dio, entra in una dimensione mistica che le invidio.
Per provare nostalgia per qualcosa che non appartiene alla nostra vita terrena, ed è molto più legata al nostro futuro che non al passato, e che soprattutto, innesca un desiderio realizzabile, perché spacca il senso in cui scorre il tempo, occorre essere andati oltre ciò che è umano e che solo i grandi mistici possono comprendere.
Resta comunque il fatto che le braccia di Dio, in quale forma non so, al momento opportuno ci saranno ed il loro abbraccio sarà in grado di scaldare il nostro cuore, senza che noi si debba, per forza, giungere alla fine dei nostri giorni per sentirlo.
In ogni caso, porsi il problema sul fatto che il suo desiderio di pace e di amore scaturisca o meno dalla nostalgia, è irrilevante, quello che conta è che ci sia, ed in qualche modo, sia realizzabile.
E Bon!