Zygmunt Baumann, ovvero uno che dal nome capisci che è un polacco, e dal cognome che è un ebreo, è un sociologo che teorizza il postmodernismo e la società liquida, nella quale, per dirla con le parole del Baumann, “il cambiamento è l'unica cosa permanente e l'incertezza è l'unica certezza”.
Va in crisi del concetto di comunità ed emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada ma antagonista di ciascuno, da cui guardarsi, del quale aver paura
Così la teorizzazione della liquidità della società si interseca con la filosofia della tecnica, tanto cara al Galimberti, nella quale conta solamente l’efficienza e la produttività delle persone, mentre il testo dei valori scompare completamente.
Il tutto servito in un ambiente ad alto tasso di nichilismo, nel quale trova terreno fertile l’idea di un altro filosofo che è Karl Popper, secondo la quale la società aperta è un mondo nel quale tutte le idee sono ammissibili tranne l’idea che tutte le idee non siano ammissibili.
Il che sembra un gioco di parole, ma non lo è affatto, e viceversa racchiude in sé la sintesi di quel che stiamo diventando, ovvero un mondo dominato dal pensiero unico, nel quale non si possono più esprimere idee contrarie a quelle politicamente corrette che dominano lo scenario ormai divenuto globale.
Senza però quel sottofondo di nichilismo che intride tutto, le idee di Popper, così come le constatazioni sociologiche di Baumann, farebbero molta fatica ad affermarsi.
Per questo io mi sento di dire che sono un anti nichilista, che è ben di più di un antifascista o anti comunista, che sono categorie che appartengono al passato. Essere Anti nichilista significa andare alla ricerca di una soluzione, di un futuro possibile, di un bene per il quale vale la pena combattere.
E bon!