Il nichilismo è tra noi. Lo riconosciamo ovunque nella società in cui viviamo per la quale non esiste nulla di duraturo, dalle cose, alle relazioni, dai sentimenti ai vestiti.
La moda che fa decadere a fine stagione gli abiti e le scarpe, è nichilista, l’obsolescenza programmata dei telefonini è nichilista, il venir meno degli archivi cartacei è nichilista, la macchina euro5 è nichilista, le seconde e terze maglie delle squadre di calcio sono nichiliste, e così anche il divorzio facile, l’eutanasia, la solitudine estrema dell’uomo d’oggi sono forme di nichilismo in purezza.
Tutto vive lo spazio di un tempo ristretto, e tutto porta con sé un germe di morte fin dal momento in cui nasce.
Beh!? Mi direte? Non è forse così dalla notte dei tempi? Non è forse vero che l’uomo è destinato a morire comunque?
Sì ma dalla notte dei tempi qualcosa è cambiato, ed è il fatto che adesso all’uomo manca l’anima. Il che poi, in sintesi, significa il venir meno dell’operare pensando ad un futuro ben più lontano della nostra dipartita, per lasciare qualcosa di grande e buono a chi verrà dopo di noi.
Non facciamo più le cattedrali e non riusciamo più nemmeno a concepire il fatto che secoli fa una città intera cooperasse per costruirle, impiegando magari cent’anni, senza che la storia poi rendesse merito al fabbro sconosciuto o al pristinaio che avevan contribuito al cantiere.
Il pensiero nichilista, imposto o desiderato che sia, si è impadronito del nostro presente riuscendo a farci cambiare il metro di misura dell’uomo per far diventare la sua efficienza e produttività gli unici elementi utili a giudicarlo.
In queste condizioni l’idea che possa nascere qualcosa di grandioso ai nostri giorni è abnorme: non è possibile nemmeno concepire opere come la divina commedia, come il duomo di Milano o come il Partenone, perché oggi qualunque cosa deve poter essere dimenticata in fretta.
I pubblicitari inventano i nostri bisogni, ce li inculcano e poi li sostituiscono come maghi d’avanspettacolo con altri, nuovi, effervescenti, freschi.
Nel progetto di ristrutturazione di Notre Dame a Parigi dopo l’incendio, una delle proposte è stata quella di farla diventare un centro commerciale, e alla fine è diventerà un tempio ecumenico nel quale celebrare Cristo e i Moai, Manitù e la dea Calì tutti assieme, come in un minestrone senza sale.
E tutto questo è l’equilibrio precario in cui vive l’uomo nell’era nichilista.
E Bon!