Pc. 6.4.2020
Finalmente ho trovato una mascherina in farmacia. Finalmente posso farmi un selfie con la faccia paludata, cosa che sinceramente mi mancava.
A parte gli scherzi, l’andare in giro con questo pezzo di stoffa sulla bocca e sul naso, attaccato con gli elastici agli orecchi, con gli occhiali che si appannano ad ogni respiro, rende il camminare per strada definitivamente apocalittico.
Fino ad ora avevo resistito, e non già perché non lo volessi fare, ma perché le mascherine erano introvabili. Adesso, forse, le persone che incrocio per la strada, non mi guarderanno più con quell’aria di sospetto che rende la solitudine ancor più intensa.
Perché, Raga, la vita in questo tempo sospeso, in attesa che tutto torni come prima, è fatta soprattutto di solitudine.
Ci sono quelli, come me che vivono soli e han ridotto i rapporti con gli altri ad un esclusivo livello virtuale, e quelli che convivono con moglie e figli, e che scoprono la solitudine nella aridità dei propri affetti.
Il mondo che abbiamo vissuto fino a ieri, ci ha resi ciechi di fronte alla nostra incapacità di amare e di farci amare, ed ora tutto ci viene sbattuto in faccia, come dentro uno specchio.
Ma vedere ciò che non riconosciamo è cosa impossibile. Bisognerebbe cambiare dentro, nel profondo del nostro intimo, bisognerebbe imparare che l’affetto, i legami con gli altri, sono la sola vera ricchezza che possiamo avere. Una ricchezza che non possiamo possedere, ma della quale non possiamo fare a meno.
Ed allora eccomi qua, a vagare, come uno zombie in una città morta, alla ricerca di un tabaccaio aperto, con la mia mascherina anti covid, ed un turbamento interiore che contrasta con questa magnifica giornata primaverile.
Ma ho la mascherina adesso, e mi sento più forte anche se più solo.
La mascherina non ti salva, ma aiuta a tenere lontana la peste. La mascherina è una barriera che ti separa dagli altri, dagli untori, dai malati consapevoli ed inconsapevoli, è una muraglia isolante che ti rende ancora più solo.
L’apocalisse che viviamo, è un tempo nel quale l’io non esiste più. Solo la responsabilità verso gli altri deve animarci ad agire, quindi l’isolarsi, con tutta la fatica che comporta, ha un senso nobile ed alto.
Sopportare è la parola d’ordine, sopportare e pensare al futuro, a quando tutto questo sarà finito e si potrà nuovamente vivere.
Pensare al futuro, alle piccole cose che ci riempiranno la vita, ora che non abbiamo più il bene di una citta fatta di persone da incontrare, da abbracciare, da baciare, da ascoltare, ci salva dalla depressione. Perché io so che verrà un giorno nel quale potrò andare a mangiare un risotto col tartufo da Renato a Cassano, in buona compagnia, e questo basta a rendere possibile la solitudine di oggi.
Arriverà domani, e domani torneremo a vivere.