Il corteo dei poeti che si è mosso da piazza Santa Maria Novella a Piazza Santa Croce, passando come un serpente ebbro, per la vie del centro della città di dante, è stato scortato da polizia e vigili urbani.
Davanti a noi un’auto dei vigili urbani e a chiudere il corteo un’auto della polizia, con un trio di agenti a piedi pronti ad intervenire.
Io, ancorché munito di un bastone da passeggio rosso, comprato per quattro euro il giorno prima dai cinesi di via Calciati, sono finito nelle retrovie del corteo molto presto, ma ero vestito di Blu come gli altri, ed avevo un cappellino altrettanto blu con scritto in cima FIRENZE, comprato in una bancarella prima che il corteo partisse e che conserverò come un cimelio. Ero dunque ben riconoscibile come il fanalino di coda che sta dietro l'ultima carrozza del treno, e mi compiacevo nel guardare chi mi stava innanzi e nel pensare ad un treno merci, lungo, lungo, lungo, che avanza lentamente sui binari di linee semi dismesse, senza la pretesa di arrivare velocemente alla sua meta, e che anzi, ad ogni stazione perde pezzi e ne aggiunge di nuovi, senza che mai la sua meta sia raggiunta perché non esiste.
Un paio di volte sono stato superato dalla retroguardia della polizia, ed altrettante volte Massimo Silvotti, che era a capo del corteo, lo ha fermato per aspettarmi.
All’altezza di piazza della Signoria, il dolore alle dita del piede e all'anca sinistra era talmente forte che sono stato tentato di salire sull'auto della polizia che ci scortava, per proseguire così, ma ho stretto i denti sono riuscito, alla fine, a raggiungere il monumento a Dante Alighieri da parte a Santa Croce!
Mi chiedevo se la Polizia ci scortasse per difenderci o per difendere la gente da noi. Il corteo procedeva e, man mano, erano sempre di più quelli che si soffermavano ad osservare e a fotografare quel reptante blu, nel quale, come le squame della pelle di un serpente, venivano mostrati cartelli blu riempiti di poesie.
La poesia è rivoluzionaria. Si rassegni chiunque pensi che, in un momento storico nel quale è impossibile leggere, decodificare e capire quello che succede, la parola poetica non sia ciò che spariglia il gioco, ciò che fa riflettere l’uomo, ciò che è in grado di mostrare a tutti lo scempio che la nostra umanità sta subendo.
La poesia è politica in senso alto, è un argine alla disumanizzazione dei valori, è una stilla di speranza immessa come un virus nel sistema.
Cos’abbiano pensato quei poliziotti di scorta quando, sotto il monumento di Dante Alighieri, i poeti hanno cominciato a declamare poesie, ovvero hanno sfoderato le loro armi, è una cosa che vorrei conoscere. Cosa hanno pensato di fronte alla telefonata di Guido Oldani? o della figlia di Alda Merini? cosa hanno sentito e cosa hanno visto di quello sbocciare di una nuova, vera, sincera, solida, inconfutabile, nuova ideologia.
Ieri a Firenze Massimo Silvotti ha inequivocabilmente scritto una pagina di storia, esserci per me era indispensabile, partecipare ed arrivare fino in fondo era irrinunciabile.
Ringrazio il cielo che mi ha fatto incrociare la mia strada con quella di un personaggio così eccezionalmente capace di catalizzare attorno a se l’eccellenza del mondo letterario contemporaneo, e coinvolgerlo in una avventura magica, così come è magica la poesia.
Oggi sono imbottito di antidolorifici per placare il male all’anca che durerà giorni, tra poco uscirò per andare a tifare Piacenza, ed al colmo, urlare sugli spalti dello stadio: “VIVA LA POESIA!”