Andare in pellegrinaggio nei panni di un Nessuno. Non generale o capo popolo, non più io, semplicemente uno dei tanti. Così deve essere: la storia la fanno le moltitudini, non i condottieri, anche se poi alla fine sono quelli di cui si ricordano i posteri.
Le armi sono le parole che nella poesia diventano taglienti e acuminate, diventano capaci di far riflettere perché non parlano agli uomini ma alle loro anime.
Si combatte per la Poesia e quel che rappresenta, perché il poeta, nelle sue contraddizioni infinite, è colui che ha conservato un briciolo di lucidità , quando tutti attorno a lui sono ubriachi.
Si combatte con la poesia, per restituire all’uomo il suo senso, la sua armonia nell’universo, il suo ruolo nel cosmo con la giusta distanza dalle stelle.
Quindi ho preso il mio bastone, lo stesso che usai a Firenze, comprato a pochi euro in un grande magazzino di roba cinese, e son partito, consapevole della fatica che avrei fatto e consapevole della grandezza di ciò che stava per accadere.
E Via! A camminate in fila indiana, come un serpente, per le vie di quella che fu capitale imperiale, ognuno col suo manifesto blu con sopra una poesia, dal Mausoleo di Teodorico alla tomba di Dante.
E là , Giampiero Neri e Guido Oldani, collegati al telefono hanno recitato poesie con la voce di Massimo Silvotti, e Filippo Ravizza, ha declamato il suo manifesto in difesa della lingua italiana. E noi, quelli che hanno avuto il coraggio di farlo, a recitare versi.
Il fluido magico della poesia ha riempito l’aria, dalle ossa di Dante, alle nostre voci, in un turbine inebriante di sensazioni che solo la poesia riesce a dare.
Come eroi in una pugna, i molti NESSUNO hanno vinto.