Oggi ho provato a cercare Santippe su Google, ritrovandomi a sgranare gli occhi nel vedere menzionato Socrate come suo ex marito.
È vero che Socrate ha bevuto il decotto di cicuta, è vero che è morto ben prima di Santippe, ma è altrettanto vero che lei, mai e poi mai, lo possa aver considerato un ex, con tutto il significato che una simile locuzione implica per l’uomo d’oggi.
Semmai è vero che forzando la storia a rassomigliare all’oggi, si pongono le basi a che un pensiero distopico divenga vero anche nel passato remoto e che quindi diventi indiscutibile.
L’amore oblativo tende a non esistere, a venir cancellato dal vocabolario in primis e dalla vita subito dopo.
Quella “celeste corrispondenza d’amorosi sensi” che Foscolo estende anche all’amico estinto, e che fa della donna innamorata che prega sul tumulo, un simbolo che salva la “polve dalle ortiche di deserta gleba”, va completamente a catafascio.
Siamo tutti destinati a diventare ex, ed in questo gioco al massacro, tutto ciò che mina la famiglia quale cellula base della comunità, trova una enfasi rumorosa, aggressiva e virulenta.
Qui non si vuole discutere l’eternità dell’amore, argomento sul quale bisognerebbe scrivere pagine e pagine, perdendosi nella differenza che c’è tra amore e passione, per poi dire che la maturità dovrebbe recar seco la capacità di amare in modo ben più pieno ed autentico di quanto non sia il fiutare l’estro di una femmina in calore.
Qui si vuol semplicemente dire che l’amore è il dono, incondizionato e completo, della propria vita, contraccambiato con la stessa moneta.
Se si assume questo come elemento cardine del ragionamento, si capisce come mai un marito, o una moglie, rimangono tali anche passando per la morte, andando ben oltre quel giuramento di amarsi e rispettarsi in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, fin che morte non ci separi.
A farli ex è ben altro, sono le liti furibonde tra avvocati che si spartiscono la mobilia, sono la contesa sui figli, la pretesa di trasmettere valori, nonostante il fallimento di un rapporto che s’era giurato di non tradire mai.
La nostra libertà, non è più nel poter scegliere, ma è nel poter revocare ogni scelta, ed essendo cambiato in questo modo il concetto stesso di libertà, non è più possibile trarre un bene dall’averla acquisita.
Un tempo esisteva il peso delle scelte, una sorta di responsabilità, sorretta da una morale e da un senso etico alti, secondo la quale noi si era liberi di scegliere, ma non si poteva sfuggire dalle conseguenze delle nostre scelte.
L’evoluzione del concetto di libertà, è stato dalla libertà di poter scegliere, alla libertà di revocare le proprie scelte. La consapevolezza di poter revocare la scelta, già presente nel momento stesso della scelta, di fatto deresponsabilizza in modo definitivo dalle conseguenze che la scelta comporterà.
Tutto questo si riverbera nella nostra vita quotidiana in tantissimi modi, dal diritto di recesso sugli acquisti, al cambio di casacca facile di certi politici, alla facilità con la quale naufragano i matrimoni.
E non finisce certamente qui, il revocare le scelte diventa un alibi per scansare le conseguenze di una scelta. Basta un semplice, ho cambiato idea, per costruirsi un alibi.
La coerenza a tutti i costi non è un valore, anzi, modificare le proprie idee, man mano che si modifica il punto di vista, è un segno di intelligenza e anche di maturità.
Tutta la filosofia, che nella verità e nella sua ricerca ha un cardine fondamentale, afferma che il concetto di verità sia un divenire, ovvero che la verità cambi man mano che si acquisiscono nuovi elementi per definirla.
La scienza ci mostra una continua evoluzione della verità, quella scientifica, che ci ha portati da Prometeo ad Einstein, aprendoci a nuovi panorami sulle regole del cosmo, ma l’uomo, le sue pulsioni, l’anelito di verità, la tensione continua dello spirito verso la conoscenza, sono rimasti immutati per millenni.
Quella lupa affamata usata da Dante per dare la misura della resistenza che la vita trova nel tentativo di raggiungere la luce, simbolo di verità, rimane la stessa, da quando esiste l’uomo.
E quindi, poiché l’uomo, in qualunque contesto lo si collochi rimane uguale a se stesso, diventa importante, nel rinnegare le scelte, ammantare tutto di una credibilità, capace di sostenere la coscienza ai nostri occhi.
Ed a questo punto interviene la menzogna, in primis verso noi stessi ed in secondis verso il mondo.
Siccome non siamo in grado di reggere il peso della revoca della scelta, dato che dentro comunque abbiamo sempre un barlume di etica, se non altro figlio di dieci mila anni di storia dell’umanità, interviene li gioco dello scarica barile, con il quale costruiamo verità di comodo e scarichiamo la nostra coscienza.
Il risultato è che la colpa, quando revochiamo le nostre scelte per fuggire dalle loro conseguenze, è sempre di qualcun altro, anche di fronte a palesi ed indiscutibili evidenze che segnano la nostra responsabilità.
Nei matrimoni che naufragano, diventa colpa dell’altro anche la più palese e bieca, nostra infedeltà.
Non è più: Mi dispiace, mi sono innamorato di un'altra, non voglio più star dentro al matrimonio, ma è un: mi sono innamorato per colpa tua, per il tuo assoluto menefreghismo, che poi magari rispetto a quello di Socrate diventa una inezia, ma che assume un ruolo fondamentale nell’aver creato la frattura.
E così si tollera il fatto che vengano costruite verità di comodo, con le quali alimentare il dissapore e rafforzare la decisione di rompere tutto, tacitando la coscienza.
Tutto ciò è violenza, più dura di una mano di botte, e che lascia ferite non rimarginabili. Ma poiché nessuno, e tanto più il diritto, se ne cura, diventa acqua di rose, sulla quale campano gli psicologi, e per fortuna che ci sono, chiamati a curare un male che non è curabile se non in modo palliativo.
Quindi lasciatemi dire al mondo che Santippe è la vedova di Socrate e lui è suo marito, tutto il resto è solo il tentativo di cancellare la responsabilità delle nostre scelte e le loro conseguenze. Come in un gioco elettronico, azzerare tutto per ricominciare daccapo.
Quello che resta è la constatazione che le parole cambiano significato, man mano che va affermandosi un nuovo modo di pensare, ma non solo, perché riducendo tutto a concetti facili, esprimibili con poche parole, addirittura con una sola come nel caso di ex, si atrofizza progressivamente la capacità di pensare.
Non è difficile amar Calliope
Dal labbro di cristallo che risuona
Ben più arduo è amar Santippe
Dal labbro di carta vetrata che ti offende
L’una è pura, ovvia e scontata
L’altra è bisbetica, iraconda e viva
Se Ami Calliope come musa e Santippe come moglie
Il suo tuono finirà in acqua e tuo sarà il cielo
Ma gli algoritmi di Google
Vestono la miseria di eternità
Come un manichino paludato troppo largo
E Socrate diventa l’ex marito
Il mondo è fatto di parole
Il cui significato muta
Tempo per tempo
Mentre che, si spengono i pensieri
(La distanza dalle stelle, 2.7.2020)