Quel che rimane da un anno molto amaro per più versi, è la scoperta di una amicizia nuova e splendente come quella che può nascere tra due poeti.
Tania di Malta me la ha affiancata Guido Oldani per condurmi entro una dimensione poetica nuova, ovvero quella del Realismo Terminale, che utilizza un linguaggio a me non consueto, e che è probabilmente l’unica dimensione poetica ad avere un senso nel presente.
La ho conosciuta a Firenze, e la ho rivista a Ravenna, ed in entrambi i luoghi abbiamo percorso lunghi tratti a braccetto, io per farmi sostenere e lei, così mi dice, per indagare quell’uomo che le pareva potesse essere l’incarnazione del realismo terminale.
Un prodromo di oltre uomo, un catafalco che sta in piedi grazie ad una serie di ammennicoli elettronici impiantati qua e là come un ciliegio innestato sopra un ulivo.
Frutto rosso e parvenza di eternità .
Ma anche un poeta, uno di quelli buoni, da mettere in sesto d’accordo, ma con immagini incredibili nella sua mente, tanta sostanza, alla quale dare forma.
E così mi ha liberato dal barocco, quel gusto piacentino per i cavalloni con la muscolatura in evidenza e le forme tonde.
Ma soprattutto nel suo dirmi un poeta di quelli buoni ha acceso una scintilla che non sapevo più di avere.
IL SALVAGENTE
La Poesia, inutile girarci attorno, negli ultimi mesi è stata il legno al quale mi sono aggrappato per non affogare, e devo in grande parte a Tania, l’avermi insegnato a rimanere aggrappato ad un pezzo di legno, senza addormentarmi mai.
Perché addormentarsi in mezzo al mare può essere fatale, e chi fa naufragio di solito annega perché si addormenta.
E così, oltre a togliere l’ornato dal mio stile, facendolo divenire lineare, ho anche imparato a stare desto, non che ci riesca sempre, ma almeno cerco di non fare addormentare la ragione.
GLI OCCHI DELLA RAGIONE
Vedere le cose con gli occhi della ragione aiuta a non cadere nei tranelli che ti riserva il cuore. Non che il cuore sbagli, anzi, proprio perché non sbaglia mai, è quel pertugio verso l’anima che il demonio usa per infiltrarsi e farti fesso.
Venite pure a sciorinarmi la vostra morale, ad evidenziare il marcio che io sono, non riuscirete però a distogliermi dal questo desiderio che ora sento di immensità , di infinito, di eternità .
Ed è quell’infinito che io vado cercando nella poesia, poiché, desiderio dopo desiderio, sono arrivato a dimenticare quel che mi piace, quel che mi da gioia.
DESIDERARE L’INFINITO
E’ come il salire una scala, ad ogni desiderio raggiunto ne formuli uno più alto, fin tanto che la scala finisce e nulla di quello che puoi ricordare o immaginare ti soddisfa, non può soddisfarti più.
La vita diventa un desiderio di eternità , la gioia la scopri facendo le cose, in una lotta quotidiana contro il nulla, e nel mentre che vivi scopri il piacere delle cose piccole che sono la chiave per aprire la porta dell’immensità .
Il piacere che mi dà la poesia, piccola cosa, è indiscutibilmente grande, ed a tratti mi dà la sensazione di essere un preludio all’infinito.
LA VERITÀ E LA MENZOGNA
Mario Luzi diceva che nella poesia sta il tentativo di colmare quella fenditura che sta tra la parola e la verità .
Ed il mio desiderio di verità viene placato dalla poesia.
Il resto è involto dall’oblio nella sua notte, ed alla fine rimarrà memoria di molto poco, e non sarà certo una menzogna che potrà sopravvivere al tempo.
Ho conosciuto Talia
Che flagella l’errore e ride
Nel talamo di Apollo
Generò gli inventori del tamburo
A Lampedusa il Sole cuoce l’uva
Per fare il vino pieno e vero
Del sapore della terra
Ti inebria come il ritmo sincopato
Della danza
In un ospedale della terra di Fellini
Dà l’estrema unzione a un prete
Mentre la luce la trafigge
Come una lancia calata dal cielo
Per elargire poesia
A mani basse
E far nascere poeti.
(La distanza dalle stelle, 13.7.2020)
E Bon!