A voce alta hanno un altro suono le parole di Stefano Torre, un vibrare frastagliato come lo skyline di un'anima d'altri tempi, in bilico tra le urla della luna al perigeo e il gracchiare d'una trebbiatrice (Marinoni, s'intende)!
Attraverso il prisma a dodici facce del "cristallino di piombo" Stefano ci mostra il deteriorarsi della società impoverita dai suoi inni alla solitudine, dietro specchi pericolosi e sinceri come fondi di bicchiere ancora umidi di whisky.
Ombroso e urbano, libro denso e inquieto, pervaso da un'astronomia introspettiva che non sa mentire anche se finge di farlo.
E l'eco del "realismo terminale" compatta vite di polistirolo, martiri quotidiani (Willy M. D.), cervelli d'ovatta e le acque del Po! Tenetevi questo libro vicino in una notte stellata, guardando Sirio in silenzio o sognando Topolinia: sarà lui a guidarvi.
Antonio Laneve, poeta canturino