mercoledì 22 gennaio 2025

LE PROFEEZIE DI STEFANO TORRE PREMIATE A SENIGALLIA

L’ultima Preghiera è il frutto della conversione del poeta piacentino: “Nella fede ho trovato il gancio per ricominciare a vivere”

LE PROFEEZIE DI STEFANO TORRE PREMIATE A SENIGALLIA

L'uomo non vive più a contatto con la natura, quindi anche il linguaggio lo porta a invertire il soggetto e l'oggetto: non è più l'oggetto che somiglia alla natura, ma il contrario.

Questo obbliga il poeta a rappresentare il mondo entrando nella distopia.

È la filosofia del realismo terminale, fondata da Guido Oldani, che caratterizza le poesie di Stefano Torre. Il genere è in realtà un quadro dentro cui ogni poeta si muove a proprio modo. Il libro -poema, l'ultima preghiera, con cui Torre ha vinto il premio speciale della giuria del concorso Senigalactica, dove stiamo volando? a Senigallia, (Ancona), si ispira, nella struttura, al Rosario, 7 libri aperti da un proemio proseguono con 10 profezie e si chiudono con una preghiera.

LE POESIE FRUTTO DELLA CONVERSIONE

“Credo che parlare di religione in poesia sia necessario per evocare qualcosa per cui valga la pena sperare” - dice Torre -; “Il razionalismo e lo scientismo, al contrario, annichiliscono la speranza. Nel mondo di oggi l'opposto di nichilismo non ha un nome, per me è la fede in Dio.

L'ultima pubblicazione di Stefano Torre è nata da una vacanza estiva in Val Camonica con i giovani della parrocchia Santi Angeli Custodi di Piacenza, è il frutto di una conversione avvenuta 5 anni fa.

Ho messo in discussione il mio ateismo quando ho iniziato a desiderare l'infinito” – afferma l'autore – “un trauma mi ha portato a toccare il fondo e a quel punto ho trovato nella fede il gancio per ricominciare a vivere.

FRA DANTE FOSCOLO

L'endecasillabo sciolto, adottato da Torre, unito agli echi cimiteriali e allo spunto che padre Nicola Albanesi, rettore del Collegio Alberoni, offre nella prefazione quando paragona la sua poetica alla rappresentazione di “due facce della Luna” rimanda immediatamente alla politica del Foscolo e del Leopardi.

I personaggi e i luoghi citati, - i Ciclopi, Omero, Chirone, Tiresia, Cocito, hanno chiari riferimenti danteschi.

Prima di cominciare a scrivere, ammette Torre, ho riletto con attenzione Dei Sepolcri e la Divina Commedia, oltre al romanzo su Carlo Acutis di Cecilia Galatolo, che ho poi incontrato a Borgo Trebbia.

Quanto al rigore metrico, una rarità nella poetica contemporanea, Torre è convinto che difficilmente ciò che non segue una regola riesce a raggiungere la bellezza, sebbene illustri i poetici abbiano dimostrato che è possibile far poesia di altissimo livello anche con versi liberi.

HOLDERLIN È LA SPERANZA

La grande poesia dentro di sé sia la miseria che la grandezza dell'uomo, la codardia e l'eroismo. Lascia una via d'uscita al male parla dell'uomo, senza eliminare la speranza che è ciò che lo tiene in vita. Ispirandosi a Holderlin, nella profezia 69, Stefano Torre immagina la propria morte come un rapporto d'amore che si concretizza, “Un matrimonio con Cristo” e nella preghiera finale chiede a Dio di “annullare la distanza fra la parola e la verità”, quella che Mario Luzi chiamava “l'Incolmabile Fenditura” e che Ruben Dàrio rappresentò con “l'abbraccio impossibile della Venere di Milo”.

Francesco Petronzio.


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