Eccomi, sono Stefano Torre da Piacenza e sono un poeta di terracotta. Il mio corpo è una fusione tra uomo e macchina, non per scelta, ma per necessità . Vivo con elettrodi impiantati nel cervello, computer che modulano i miei movimenti e un alimentatore elettrico che mi permette di convivere con la distonia DYT1, una malattia neurologica degenerativa che mi avrebbe immobilizzato. Eppure, nonostante questa condizione, non posso e non voglio essere definito dalla tecnologia che mi abita. La dimensione del robot mi sta stretta, soffocante. La mia vera essenza, la mia ribellione contro l’artificiale, è tutta nella poesia.
Per questo ho intitolato questo articolo: Il poeta di terracotta, per dare una dimensione alla fragilità di ciò che mi muove e per affermare il primato della mia essenza di anima e ragione sulla parte meccanica ed elettronica che è dentro di me.
Il Realismo Terminale: La Mia Casa Poetica e Spirituale
Nel mio percorso, ho trovato rifugio nel Realismo Terminale, il movimento letterario fondato da Guido Oldani, che riflette perfettamente la mia visione del mondo. Il Realismo Terminale parte dalla consapevolezza che l’uomo moderno non vive più a contatto con la natura. Gli oggetti, la tecnologia, l’artificiale hanno preso il sopravvento su tutto. E io, con il mio corpo tecnologico, sono il simbolo di questa trasformazione.
La poetica del Realismo Terminale ruota intorno alla similitudine rovesciata, uno strumento stilistico che descrive la realtà invertendo il rapporto tra natura e oggetti. Non si dice più che gli occhi sono azzurri come il cielo, ma piuttosto che sono come perle di vetro glauco, fredde e distanti, come quegli oggetti che ci circondano e ci definiscono. Questa visione, che capovolge l’immaginario classico, riflette il nostro tempo, un'epoca in cui l’artificialità è diventata la misura di tutte le cose. Io, che vivo a metà tra l’organico e il tecnologico, sono profondamente consapevole di quanto la realtà si sia trasformata.
Il Corpo Tecnologico e l'Anima Ribelle
Per quanto la tecnologia mi mantenga in vita, sento che mi opprime, mi soffoca. Essere bionico non significa essere libero. Il mio corpo è una macchina che funziona grazie a dispositivi elettronici, ma la mia anima non può essere ridotta a un circuito. La tecnologia mi permette di muovermi, ma la mia mente e il mio spirito cercano spazi ben più ampi, che vanno oltre la mera funzionalità fisica.
Attraverso la poesia, posso dare voce alla mia ribellione contro questa condizione. Non voglio accettare di essere definito da una serie di fili e impulsi elettrici. La mia anima è inquieta, desidera altro. E così, scrivo per liberarmi dalla prigione del mio corpo tecnologico. Scrivo per affermare che, anche in un mondo in cui gli oggetti dominano la nostra esistenza, l’essenza umana non può essere cancellata.
La Tensione tra Purezza e Pesantezza in Il Cristallino di Piombo
Il Cristallino di Piombo è una delle mie opere più rappresentative, un riflesso della mia condizione di uomo diviso tra la tecnologia e la ricerca di un'essenza più profonda. Il titolo, con la sua potente dualità , evoca il contrasto tra la purezza del cristallo e la pesantezza opaca del piombo. Questa immagine racchiude perfettamente il mio vissuto: il cristallo simboleggia la parte di me che aspira alla trasparenza, alla leggerezza spirituale; il piombo rappresenta il peso della tecnologia che mi tiene ancorato alla fisicità , alla malattia, alla macchina che governa il mio corpo.
Nelle poesie di questa raccolta, esploro proprio questo contrasto: da un lato, c'è il desiderio di liberazione e di trascendenza; dall'altro, c'è il peso ineludibile della mia condizione bionica, che mi costringe a confrontarmi con i limiti del corpo. Non si tratta di un manifesto, ma di un percorso di ricerca poetica e personale, una riflessione continua su cosa significhi essere umani in un mondo dove il confine tra uomo e macchina è sempre più labile.
Il Confronto con la Tecnologia: La Ribellione del Poeta
La mia condizione bionica è un simbolo della modernità . Sono un uomo tecnologicamente potenziato, ma ciò che mi definisce non è la tecnologia. Piuttosto, è la mia anima a ribellarsi a questa condizione, cercando sempre qualcosa di più alto. Nella poesia trovo il mio spazio di libertà , dove posso liberarmi dai fili che mi legano al corpo e dare voce alla mia vera essenza. Il corpo è la mia prigione, ma la poesia è la mia via di fuga.
Il Realismo Terminale mi offre lo strumento ideale per questa ribellione. Non posso e non voglio accettare che l’uomo sia ridotto a una funzione meccanica, che tutto nella vita sia governato dalla logica dell’efficienza e della produttività . Anche se la tecnologia mi permette di funzionare, non posso accettare di essere definito da essa. La poesia, per me, è una forma di resistenza. È il modo in cui posso riaffermare la mia umanità in un mondo sempre più disumanizzante.
Il non Nichilismo
Oggi viviamo in un mondo dominato dal nichilismo. La società ci dice che non c’è nulla in cui credere, che tutto è relativo e privo di significato. Ma io non accetto questa visione. Nella mia poesia, combatto contro il nichilismo, cercando una trascendenza, un significato che vada oltre il corpo, oltre la tecnologia, oltre il presente. Non voglio arrendermi all’idea che tutto sia futile.
Per me, la poesia è un dardo scagliato contro il vuoto. È un modo per affermare che l’uomo ha ancora qualcosa da dire, che la sua anima non è stata cancellata dalla macchina. La poesia non è solo una forma d’arte, è uno strumento di salvezza. Attraverso i versi, cerco di offrire una via di fuga dal nichilismo, una speranza in un mondo che sembra aver perso ogni direzione.
La Poesia Come Salvezza: Oltre il Corpo, Verso la Trascendenza
Nonostante la mia condizione fisica, non mi sento una macchina. Il corpo bionico è una realtà con cui devo convivere, ma non mi definisce. La poesia mi permette di esplorare quello spazio interiore che va oltre il fisico, oltre la tecnologia, oltre l'efficienza. Scrivere è il mio modo di liberarmi dai limiti del corpo, di riaffermare la mia essenza più profonda. Nella poesia, trovo una via di fuga dalla condizione bionica, un modo per sfidare l’artificialità che domina il mondo contemporaneo.
Nella mia poesia c’è sempre una ricerca di trascendenza. Non mi limito a descrivere il mondo così com’è, cerco di capire cosa potrebbe essere. La mia poetica si colloca tra la denuncia del presente e la speranza per il futuro. Cerco di offrire una via di salvezza, una fuga dalla logica del nichilismo, dalla logica della macchina. La poesia diventa così il mezzo attraverso cui posso immaginare un futuro diverso, dove l’uomo non è più schiavo della tecnologia, ma riscopre la sua essenza.
La Mia Battaglia per l’UmanitÃ
Sono, per molti versi, un simbolo della nostra epoca: un uomo che deve affidarsi alla tecnologia per vivere. Eppure, la mia anima non è mai stata così viva, così ribelle. La mia poesia è la mia arma contro l’omologazione, contro la riduzione dell’uomo a una funzione. Attraverso i versi, combatto per difendere ciò che resta dell’umanità in un mondo sempre più artificiale.
Sono Stefano Torre, un poeta bionico e realista terminale. La mia battaglia non è solo contro i limiti fisici del mio corpo, ma contro un mondo che vuole ridurre tutto a efficienza e produttività . Attraverso la poesia, continuo a cercare l’essenza umana, quella scintilla che va oltre la tecnologia, oltre l’artificiale, e che non può essere estinta.