Ci sono due momenti narrativi nell’Infinito di Leopardi.
Il primo è dominato dall’idea di infinito, incorporea, irreale, che non appartiene alla dimensione umana seppur dall’uomo concepita. Si tratta di dimensione della paura, dell’ignoto, del sovrumano.
Il secondo momento che sfocia nell’ultimo stupendo ed ineguagliabile verso con il pensiero che dolcemente naufraga nel mare, è una dimensione nella quale domina la realtà e, verso dopo verso, la paura muta in tenerezza, affetto, dolcezza, semplicemente comparando il sovrumano all'umano, riprendendo la dimensione del tempo che passa stagione dopo stagione.
L’uomo è cosa ben diversa dall'eternità , ma che la eternità può concepire, in un pensare immenso che porta all'infinito, là dove i libri di matematica fluttuano nell'aria come testi di filosofia incomprensibile ai non iniziati.