
Provo disagio nel pormi come giudice e censore. Gli uomini possono sbagliare, ma hanno comunque bisogno della verità. Giudicare con il senno di poi è facile, così come è facile imbarcarsi verso mete sconosciute al nocchiero.
Non sono un esperto di epidemiologia, vaccini o cure a base di RNA messaggero. All'inizio, anch'io ho creduto che il vaccino fosse la soluzione. Ho fatto due dosi, mi sono offerto per la sperimentazione. Ero un "soggetto fragile" e la propaganda martellante mi convinse che fosse indispensabile.
Oggi convivo con nuovi malanni, sorti in concomitanza con quei "buchi vaccinali". Questo basterebbe a giustificare un mio desiderio di censura.
Ma nel formulare un giudizio, mi torna alla mente il Canto XIX del Paradiso, quando Dante viene rimproverato dall'aquila celeste:
"Or tu chi se', che vuo' sedere a scranna, / per giudicar di lungi mille miglia / con la veduta corta d'una spanna?"
Dante fu ripreso per aver osato interrogarsi sul destino delle anime giuste, nate prima della venuta di Cristo e condannate al limbo, anticamera dell’inferno.
Per questo motivo, ora cerco di approcciarmi ai fatti come cronista, ma inevitabilmente scivolo nel diventare anche giudice, ancorché consapevole del mio stesso fardello di colpa. Il problema è però un altro: non è con l’astensione dal giudicarlo che si combatte il male, già solamente l’analisi della realtà porta a mettersi nella posizione del giudice, ma se si vuole cercare di risolvere i problemi, invertire le tendenze, continuare a sperare, occorre cercare di capire e non astenersi dall’esprimere la propria opinione.
Benedetto XVI disse, nel libro-intervista: Benedikt XVI. Ein Leben, di Peter Seewald, pubblicato nel 2020:
"La società moderna sta formulando una fede ANTICRISTICA, cui non ci si può opporre senza essere puniti con la scomunica sociale. È quindi più che naturale avere paura di questa forza spirituale dell’Anticristo e ci vuole davvero l’aiuto della preghiera di un’intera diocesi e della Chiesa universale per opporvi resistenza."
È in questa ottica di paura dell’Anticristo che nasce il mio tentativo di fare cronaca di ciò che è successo alla Chiesa durante la pandemia.
Correva l’anno 2020 ed era il 27 marzo, la pandemia attanagliava le genti, ottundeva le menti, serrava i cuori. Il mondo stava sperimentando l’isolamento, la solitudine, la cattività. La democrazia era sospesa ed il governo era affidato ad una sola persona che legiferava con i DPCM, così come previsto nemmeno in tempo di guerra. I diritti delle persone avevano smesso di esistere, l’autorità sanitaria aveva priorità rispetto a quella giudiziaria nel comminare gli arresti domiciliari.
Quel giorno Papa Francesco celebrò in mondovisione una adorazione eucaristica dedicata alla preghiera per la fine della pandemia ed elargì una straordinaria benedizione Urbi et Orbi.
Era solo, davanti ad una piazza San Pietro deserta, e pioveva. Le gocce scivolavano piano sopra il corpo del messia scolpito nel legno del crocifisso dietro al santo Padre. Disegnavano meandri di tristezza, piano, piano, chiamate a terra dalla gravità, e parevano incidere solchi nella carne fino a diventare lacrime di dolore.
E poi, le luci lampeggianti blu delle ambulanze, tutte attorno alla piazza vuota, luci che si riflettevano sopra il selciato bagnato e salivano al cielo come un urlo disperato.
La rappresentazione era quella di una solitudine priva di speranza ed aveva le caratteristiche evocative ed iconiche del linguaggio cinematografico.
La sensazione era quella di trovarsi di fronte al demonio, ed il Cristo fosse lo sconfitto di quel duello all’ultimo sangue.
E per evitare che la memoria di quei simboli di disperazione si dileguasse, il 10 aprile successivo (14 giorni dopo), Venerdì Santo, venne messa in scena una via crucis con le stesse caratteristiche. Quel giorno mancava la pioggia, ma l’effetto era ancor più cupo, con la processione dei Cristofori che parevano neri becchini con un feretro in spalla.
Del resto, occorreva dare un senso alla chiusura delle chiese, all’abbandono degli ospedali da parte dei cappellani, all’invito al distanziamento, per amore dicevano: per amore i nipotini devono stare lontano dai nonni, per amore gli anziani e le persone più fragili devono essere lasciate sole.
Ma in quella celebrazione accadde anche altro: ad un certo punto il Papa, rivolto al crocifisso, con l’aria solenne di chi richiama all’ordine, disse: “Dio mio, Dio Mio perché ci hai abbandonati”.
Fu immenso l’impatto sul pubblico, sui fedeli, amplificando il senso di smarrimento, solitudine e disperazione che l’umanità intera provava in quel momento ed è esattamente il contrario di ciò che era, almeno a me, necessario, ovvero la ricerca di consolazione.
Il contesto fungeva da amplificatore della paura. Paura della MORTE!
Suonava come una campana spaccata in due da un fulmine. Quando sentii quelle parole ebbi la sensazione che tutto stesse per finire: la Chiesa, la Fede, Dio stesso, l’umanità.
Qualcuno poi disse che nelle nubi quella sera apparve la Madonna, ma resta il fatto che quelle celebrazioni, irrituali in ogni parte, e persino eretiche nelle parole del presbitero, erano molto più adatte a celebrare la Pasqua nel Satan Temple a Salem nel Massachusetts, piuttosto che in San Pietro sul colle Vaticano. L’apparizione Mariana era solamente un contrappunto che riportava la mente a ciò che è sacro, nulla più di questo.
POI VENNE NATALE, IL COVID MIETEVA VITTIME ED IL PAPA DISSE: “IL VACCINO È LUCE DI SPERANZA”.
Lo disse in mondovisione nel Messaggio di Natale e Benedizione Urbi et Orbi del 25 dicembre 2020. Bergoglio parlò della difficile situazione mondiale causata dalla pandemia e definì i vaccini contro il Covid-19 come una "luce di speranza" in un tempo di oscurità.
In particolare, il Papa lanciò un appello affinché i vaccini fossero resi disponibili a tutti, soprattutto ai più poveri, denunciando il rischio che si creassero disuguaglianze nell’accesso ai vaccini. I commentatori globalisti, progressisti e politically correct si affrettarono a dire che si trattava di parole dal forte contenuto etico e sociale, oltre che sanitario. Alla luce di ciò che sappiamo ora potremo dire che si trattò di istigazione al suicidio?
A giudicare dal fatto che la maggior parte dei fedeli, ancora oggi, rifiuta di scambiarsi la pace durante la messa con una stretta di mano, direi proprio di sì, e direi anche che è riuscita: l’uomo, quello che abbiamo dentro di noi, è morto suicida, poiché amare gli altri significa innanzi tutto condividere la vita con loro, non lo scappare dagli abbracci.
DALLA PESTE ALLA PANDEMIA, COS'È CAMBIATO?
Per secoli, di fronte a epidemie devastanti come la Peste Nera o l'Influenza Spagnola, la Chiesa è sempre stata in prima linea. Non solo nell’assistenza spirituale, ma anche nel soccorso materiale. I frati, le suore, i sacerdoti non cercavano rifugio lontano dal contagio: aprivano conventi e ospedali nelle città appestate, pronti a morire pur di non abbandonare i malati e i bisognosi. La certezza della vita eterna dava loro il coraggio di affrontare la morte senza paura. Anzi dava loro la possibilità di elevarsi ad un livello spirituale più alto perché offrivano agli altri la propria vita. La carità più grande di tutte è proprio questa.
Ma durante la pandemia di Covid-19, qualcosa si è spezzato.
Come può la Chiesa predicare che la morte è stata vinta da Cristo e, allo stesso tempo, piegarsi alla logica della paura di morire?
Come può accettare di sparire proprio quando il mondo aveva più bisogno della sua presenza?
Ma ci rendiamo conto che non venivano più celebrati i funerali? Che nel periodo più duro della pandemia era vietato andare a Messa?
Io ho visto con i miei occhi la polizia entrare in chiesa per fermare un sacerdote "ribelle" che osava celebrare. Ho visto i fedeli fuggire per paura di essere multati, perché partecipare all’Eucaristia era diventato un crimine.
E tutto questo avveniva con il placet della gerarchia ecclesiastica, silenziosa o addirittura compiacente verso norme che negavano l’essenza stessa della fede: la presenza, la comunità, il sacrificio.
Ma non è stato solamente l'alto clero a perdere il riferimento alla Croce di Cristo, alla sua morte, al suo trionfale ingresso negli inferi ed alla sua resurrezione; infatti, la gran parte dei sacerdoti si è allineata al clima generale di paura, come se davvero Dio avesse abbandonato il suo popolo.
E poi ci si chiede: a cosa è servito tutto questo?
Forse a far sì che siano rimasti vuoti i contenitori dell’acqua santa all’ingresso delle chiese nei quali ci si bagnava la mano prima di farsi il segno della croce?
Il confronto tra il numero di morti causati dalla Febbre Spagnola e quelli legati al Covid-19 dimostra che, nonostante restrizioni, lockdown e distanziamenti, il bilancio è sostanzialmente simile, se non addirittura peggiore nel secondo caso.
Quindi, cosa abbiamo davvero ottenuto?
Abbiamo forse salvato vite... o abbiamo solo imparato a temere la morte al punto da dimenticare Dio?
Perché una Chiesa che accetta di chiudere le sue porte, che consente che l'Eucaristia venga trattata come un’attività "non essenziale", finisce per trasmettere un messaggio chiaro, anche se non dichiarato: l’uomo conta più di Dio. La salvezza terrena viene prima di quella eterna.
Questa non è cura. Questa è la resa al mondo.
La vera cura è quella che per secoli ha guidato i santi e i martiri: stare accanto ai sofferenti senza paura, perché chi crede davvero sa che la morte non è la fine, ma il compimento.
POCHI MESI DOPO, IL PAPA GESUITA DISSE: VACCINARSI È UN ATTO DI AMORE.
Era in un videomessaggio diffuso il 18 agosto 2021, rivolto alle popolazioni dell'America Latina e dei Caraibi, ma con un valore universale.
Il Papa, insieme ad altri vescovi e cardinali, partecipò alla campagna promossa dalla rete Ad Council e dal programma "It’s Up To You", per incoraggiare la vaccinazione contro il Covid-19.
In quel video, Papa Francesco disse chiaramente che "vaccinarsi, con vaccini autorizzati dalle autorità competenti, è un atto d'amore", sottolineando che aiutare gli altri a farlo è anch'esso un gesto di amore. Il messaggio era diretto a combattere lo scetticismo e a promuovere la responsabilità collettiva nella lotta alla pandemia. In altre parole, era parte della campagna contro i no vax.
Non so voi, ma io, da uomo di fede, non riesco a non vedere in quella campagna qualcosa di anticristico. Isolare gli altri come lebbrosi, solo perché colpevoli di aver scelto di opporsi a qualcosa di scellerato (oggi lo sappiamo bene) assomiglia molto alla martirizzazione dei santi, roba da faraone, dunque, non certo da chiesa di Cristo.
Il primo ottobre di quell’anno, nello stato pontificio, con bolla papale, ovvero con un'ordinanza del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, fu stabilito che, dal 1 ottobre 2021, chiunque accedesse al territorio vaticano (dipendenti, residenti, visitatori, pellegrini) dovesse esibire il Green Pass o una certificazione equivalente.
I lavoratori del Vaticano sprovvisti di Green Pass sono stati considerati assenti ingiustificati e, per tutta la durata dell'assenza, non è stata corrisposta loro la retribuzione.
Dire che Bergoglio non fosse favorevole al green pass e a tutte le limitazioni della libertà ad esso connesse diventa quindi impossibile. Bergoglio era a favore della discriminazione dei no vax perché ritenuti ed indicati come pericolosi.
Questa in una sintesi è il contributo Bergogliano alla riuscita della campagna del terrore che chiamarono pandemia.
Bergoglio è stato un papa che ha compiuto scelte politiche precise, ha detto tante parole e fatto pochissimi fatti, tra questi si eleva a manifesto la campagna contro chi rifiutava di farsi bucare le braccia dalle siringhe della Pfizer.
Discriminare, ghettizzare, isolare ed additare, accusare, offendere, escludere, emarginare ed umiliare, perseguire, denigrare, stigmatizzare, colpevolizzare, opprimere e screditare, chi non aveva il green pass o non si vaccinava, è del tutto contrario al concetto di carità!
Quindi il mio giudizio su Jorge Maria Bergoglio non è positivo. Sinceramente, il suo atteggiamento a favore della vaccinazione di massa ed alla riduzione delle libertà personali durante la pandemia, non mi pare proprio una scelta di pace, ed anzi, mi pare un tentativo di far diventare proprio nemico il vicino di casa.
In definitiva, il pontificato di Jorge Mario Bergoglio, almeno nella gestione della pandemia, ha mostrato il volto di una Chiesa più vicina al potere politico-sanitario che ai fedeli smarriti e isolati. Il messaggio di speranza si è trasformato in imposizione, e la carità cristiana è stata sacrificata sull'altare della sicurezza e del conformismo.
Se un pastore dovrebbe proteggere e unire il suo gregge, Bergoglio ha invece contribuito a dividerlo, facendo eco a logiche mondane più che a principi evangelici. La storia giudicherà questo periodo, ma chi ha vissuto quei giorni con coscienza critica sa bene distinguere tra autentico amore cristiano e un surrogato imposto per decreto.
Ora, più che mai, è necessario ricordare che la fede non può essere piegata alle mode del momento né agli interessi dei potenti. La vera Chiesa è quella che abbraccia, non quella che esclude. È quella che difende la libertà dell'uomo, non quella che la baratta in cambio di una presunta salvezza terrena.
Di fronte a tutto questo, resta una sola certezza: non sarà la paura, né l'obbedienza cieca a salvarci, ma il coraggio di restare umani e cristiani, anche quando chi dovrebbe guidarci sembra aver smarrito la strada.
E Bon!