Ad un anno dall’omicidio di Elisa, finalmente si celebra il suo funerale. Lo si celebra a Borgotrebbia in quella chiesa del Berzolla, mio ex prosuocero, che sembra un capannone, ma che il parroco trasforma ogni domenica in un luogo di festa, scintillante e coinvolgente.
Questa volta una festa non è stata, troppa la tristezza, forte ancora un senso di grande rabbia, di sconforto e di impotenza di fronte ad un destino incomprensibile.
Parlare con Maurizio, padre distrutto, abbandonato come un cencio sulla panca in prima fila, senza più la forza nemmeno per aver cura di se stesso, E Debora, chiusa nel suo dolore senza fondo, con gli occhi pieni di lacrime amare, è stato come entrare nel loro dolore, condividerlo, sentirlo pulsare.
E quel dolore immenso, non elaborato nonostante sia passato tanto tempo, lo hanno sentito tutti, facendo della cerimonia uno dei momenti piĂą toccanti che io abbia mai vissuto.
Le parole poi di Don Pietro, il parroco, sono state un abbraccio alla famiglia e sono state capaci di penetrare nell’anima di tutti i presenti, creando un pathos enorme, che è la sintesi della compassione cristiana.
Eccovi un resoconto, per sommi capi, della sua omelia, (tratto dall’articolo di Elisa Malacalza su Libertà ):
“Nessuno è escluso dall'amore di Dio che fa nuove tutte le cose, nemmeno l'assassino, il che è scandaloso.
Abbiamo visto le letture di oggi come un momento di luce atteso da tanto tempo. Motivo per cui abbiamo chiesto a tutti di avere rispetto di questo momento di profonda intimità di cui la famiglia ha bisogno. Sono stati mesi dolorosi e anche di grande sconforto. Ci siamo però ritrovati in modo misterioso dentro quell’esperienza che alla fine rimane al fondo di tutte le cose.
C’è rabbia e tempo di dolore profondo tenuto dentro. Il dolore va espresso ma quello che deve venire fuori oggi è la parola mistero. La nostra vita è un mistero.
A Borgotrebbia siamo esperti di demonio, che agisce su sensi di colpa, capace di portarci a pensare che siamo stati carenti in qualcosa. Siamo di una fragilità estrema. Dentro questa fragilità si è manifestata una tenerezza sconvolgente. Vedete, noi qui abbiamo una croce. L’amore di Dio si è manifestato in Gesù crocifisso, abbandonato.
Questa croce illumina questa giornata e la nostra vita. Lui appare nella nostra vita dentro dei disegni che mai avremmo pensato, immaginato e voluto.
Questa piccola stella che è Elisa, oggi ha il cielo e la canzone che ha suonato la violinista (piccola stella senza cielo) ora appartiene al suo passato. Perché ora Elisa ha un cielo. L’amore di Dio ha il potere di risorgere dalla morte e questa morte assurda, messa dentro a questa burocrazia inconcepibile, il Signore oggi viene a dire che il cielo è aperto.
Di fronte a questo fatto se ci facciamo portare dalla rabbia chiudiamo tutto. Dobbiamo cominciare ad aprire gli occhi per renderci conto che c’è il male ma al tempo stesso un bene enorme che porta avanti questa società ingiusta. Dobbiamo riconoscerlo. In questi mesi di profonda solitudine, quante persone buone sono state vicino a noi? Voi siete chiamati ad essere segno di speranza. Questa morte non è per la disperazione ma per la vita! Così come Gesù che attraverso la morte è resuscitato. Ascoltate il cuore e vedrete che il Signore farà spargere nuova vita. Lo dico ai familiari: questa è una piccola comunità di poveracci, ma fatta da individui che si aiutano l’un con l’altro.”
La bara bianca, simbolo di purezza, di innocenza, caricava del suo significato simbolico una cerimonia straziante, che le parole del Don hanno riequilibrato, riportando in primo piano il mistero e la speranza. L’insondabile via attraverso la quale il Signore si manifesta, e la speranza che nasce dalla consapevolezza che la vita non finisce al cimitero.
Poi, l’indomani, nelle due pagine dedicate dal Libertà al funerale, è stata pubblicata la mia poesia, Per Elisa, dedicata a Debora, ed è stata una vera sorpresa.
PER ELISA
Lutto e solitudine
In una realtĂ senza vita
Nella quale non è permesso
Nemmeno un funerale
La mano che ha ucciso tua sorella
VerrĂ tagliata
E l’involucro della sua anima
Ti verrĂ consegnato, un giorno
Così ti trovi a frequentare il vuoto della solitudine
Dove ogni uomo deve bastare a se stesso
Senza pace e senza pietĂ
Senza valore
Hai ritrovato la sua maglietta nuova
La indossi per perpetuarne la vita
La senti sulla tua pelle come un abbraccio
E non puoi far altro che piangere in silenzio
La giustizia è come un telefono rotto
Che squilla solo per le offerte commerciali
Accettalo senza opporti
Ascolta il calore del cuore degli altri
Da quando Dio è morto
In un mercato qualunque di una cittĂ qualunque
Che si chiama Roma
Puoi solo non cedere alla follia
Mentre sondi a tentoni il nulla
Per levarti a combattere i triboli
Dovrai accettare e guarire
Ed allora risolutamente finirli
Perché il destino del mondo non è la nostra solitudine.
(la distanza dalle stelle, 25.5.2020, un grazie a Debora Pomarelli)