giovedì 3 ottobre 2024

IL CODICE FISCALE ALLA PORTA

è inutile opporsi a chi ti chiede lo scalpo, meglio toglierselo da soli.

IL CODICE FISCALE ALLA PORTA

11.01.22

Ho dedicato l'ultima domenica ad attaccare una scritta alla mia porta di casa. Sono andato in un supermercato cinese a comprare un po' di lettere di legno bianche e del nastro biadesivo in modo da poterle attaccare alla porta. Ho così fatto apparire sulla mia porta di casa la sigla con la quale inizia il mio codice fiscale: TRRSFN.

Chi mi conosce sa che sono solito firmarmi con quella sigla, soprattutto quando scrivo poesie o testi di alta intensità emotiva e di ricerca introspettiva.

Il fatto di attaccarla alla mia porta di casa significa però qualche cosa in più che una denuncia della condizione dell'uomo contemporaneo, ormai ridotto ad essere null'altro che una sigla alfanumerica, perché significa dichiarare guerra pubblicamente alla essenza stessa della condizione dell'uomo contemporaneo, non più in grado di esistere come persona ma solamente come sigla, come paravento, ologramma, raffigurazione caricaturale, reificazione dell’uomo e della coscienza, e metteteci pure voi quello che potrebbe rappresentare meglio l'uomo di oggi, incapace di esistere e di sentirsi vivo, persino di pensare.

Il codice fiscale è diventato così un modo facile con il quale identificare le persone, del tutto private della loro personalità come se fossero oggetti.

Ed essere una sigla anziché una persona accomoda un sacco di problemi: innanzitutto quelli di tipo emotivo, perché a differenza delle persone che hanno un umore che si alza o si abbassa a seconda che siano felici o tristi, una sigla alfanumerica rimane sempre dello stesso umore: non gioisce, non si rattrista, semplicemente si limita a pagare le tasse e a cercare di essere un buon cittadino.

Su quest'ultimo punto occorre però mettere un freno perché più che buon cittadino, una sigla alfa numerica è un ubbidiente suddito,anzi, addirittura uno schiavo, di quelli che mai si lamentano, e non perché il padrone non è cattivo e non li punisce, ma perché non desiderano alcun tipo di ribellione e vivono nella loro condizione di schiavi in modo completamente assuefatto come mai era accaduto nella storia dell'umanità.

Mi sembra quasi di sentire il rintocco a morto delle campane della chiesa qui vicina, che accompagnano, come la colonna sonora in un film, Il mio attaccare alla porta quella scritta.

Ed io non mi domando per chi stia suonando quella campana perché quella campana suona per me. Il fatto che lo abbia già detto Ernest Hemingway è del tutto insignificante, poiché quella constatazione si addice perfettamente, anche se fuori contesto, a questo momento di grande intensità emotiva, nel quale io mi sono sentito come un bambino che, finalmente, riesce a trasformare la sua marachella in qualche cosa di bellissimo il cui senso non è più nella marachella stessa ma la trascende, diventando un tentativo di rendere migliore il mondo.

Da oggi chi verrà a trovarmi a casa, così come chi passerà davanti alla mia porta attraversando il pianerottolo, vedrà quella scritta e gli si imporrà il problema del perché quei caratteri bianchi spicchino sullo sfondo marroncino della mia porta, altrimenti anonima, e probabilmente nel darsi una risposta capirà di essere anche lui schiavo e magari ritroverà una speranza che è sopita nel profondo, ormai troppo profondo, di ognuno di noi.

E Bon!


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