10.01.22
A CHE VELOCITÀ SI MUOVE LA TERRA NELLO SPAZIO?
La risposta è sorprendente poiché la Terra si muove molto più velocemente di un proiettile sparato da una pistola. Noi non ce ne accorgiamo poiché vige il principio di inerzia e siamo, più o meno, solidali al sistema di riferimento terrestre.
Il moto della Terra è il risultato del sommarsi di diversi movimenti che avvengono simultaneamente, il primo dei quali è il moto di rotazione, quello che come risultato ha il susseguirsi dei giorni e delle notti, in virtù del quale percorriamo circa 40 mila chilometri ogni 24 ore, muovendoci alla ragguardevole velocità di 1.600 chilometri all’ora.
Il secondo è il moto di rivoluzione attorno al Sole, quello che come risultato ha il susseguirsi delle stagioni, e che fa si che la terra percorra circa 950 milioni di chilometri in un anno ad una velocità di quasi 108 mila chilometri all’ora, ovvero 30 chilometri al secondo.
Il terzo moto, poco noto poiché sfugge alla nostra esperienza quotidiana, è quello determinato dalla rivoluzione del sole attorno al centro galattico. Un anno galattico dura 230 milioni di anni terrestri, il che è un valore enorme, ma siccome è enorme anche la distanza del sole dal centro della galassia, circa 28 mila anni luce, diventa enorme anche la velocità alla quale viaggiamo, che è di circa 250 chilometri al secondo.
Il quarto movimento, ancor meno conosciuto, è quello della Via Lattea, la nostra galassia, rispetto al gruppo locale di galassie al quale apparteniamo, che pare avere una velocità di circa 600 chilometri al secondo.
Ultimo dei moti in gioco è quello dell’espansione dell’universo, ovvero la velocità con la quale il nostro gruppo locale di galassie si muove nello spazio allontanandosi dagli altri. Si stima che questa velocità sia di circa 73 chilometri al secondo.
Mi segnala poi Claudio Albertazzi, che esistono altre due componenti nel moto della terra nello spazio che sono: il moto del gruppo locale rispetto alla radiazione cosmica di fondo, che è di circa 550 km/sec, ed il movimento che tutto il nostro gruppo locale di galassie sta compiendo verso il grande attrattore, ovvero il Superammasso di Shapley che attualmente avviene a 360 km/sec.
Se si prova a sommare le diverse velocità della terra nelle diverse componenti del suo moto, risulta, per il principio di sovrapposizione degli effetti, che ci muoviamo nello spazio ad una velocità di circa 1.850 chilometri al secondo, quasi un paio di migliaia, ovvero 4 mila volte più veloce del 363 Mauser, che è proiettile di piombo più veloce che ci sia.
Duemila chilometri al secondo sono una frazione significativa della velocità della luce, che è di 300 mila chilometri al secondo, ed è una velocità sufficiente ad influenzare lo scorrere del tempo sulla Terra, così come ci insegna il paradosso dei gemelli di Einstein, uno dei quali viaggia su una astronave ad una velocità prossima a quella della luce, mentre l’altro rimane sulla terra. Quando finisce il viaggio, il gemello rimasto sulla terra si ritrova vecchio, mente quello che ha viaggiato è ancora giovane dato che ha vissuto in uno stato di compressione del tempo.
Sorge una domanda: “il tempo sulla Terra è sempre stato quello che sperimentiamo oggi? Ovvero è variato con il variare della velocità del nostro pianeta nello spazio? Quanto veloce viaggiava la terra miliardi di anni fa in ere geologiche passate? E quanto all’epoca dei dinosauri o a quella dei nostri antenati paleontologici? Ed ai tempi dei nostri avi di Neanderthal e Cromagnon?”
Certo è che, né le rocce terrestri, né i dinosauri, né i primi uomini, abbiano avuto una esperienza sensibile della eventuale variazione della velocità del pianeta e del tempo che su di esso scorreva. Tutto è, comunque la si voglia vedere, avvolto da un mistero meraviglioso, che ha a che fare con la nostra distanza dalle stelle e con il nostro desiderio di infinito e di eterno. Una distanza dal mistero che trasforma il pianeta che abbiamo per casa in una astronave che corre come una palla di fucile, e che la scienza, per quanto avanzata, può solamente, intuire e contemplare, senza poterla spiegare.
Succederà forse un giorno, ed allora non avremo più la necessità di farci quelle domande che ci portano a concepire un Dio, allora potremo contemplare la natura stessa come se fosse una divinità, conoscendone gli aspetti più intimi in profondità, e forse ci renderemo anche conto che l’uomo è ben lontano da potersi considerare quel Dio del quale il suo cuore ha bisogno.
E Bon!