Alla notizia della candidatura al Nobel di Guido Oldani, che pare avere buone probabilità di successo, mi sono commosso ed entusiasmato, ho esultato con i pugni al cielo come all’ultimo rigore di Grosso che regalò all’Italia il titolo mondiale.
Non è stata però solamente una esultanza campanilistica, c’è ben altro sotto la mia gioia che va anche oltre il fatto che Guidone sia un mio amico, uno che mi telefona per chiedermi come sto, uno che ama conversare con me di poesia, letteratura, filosofia e persino di ciccioli e di buon vino.
La notizia è entusiasmante per quel che Oldani rappresenta, ovvero per il suo saper essere latore di profezie, oltre che lettore e narratore spietato della realtà contemporanea.
Oldani infatti, con il suo gusto per l’ironia pare svestire di drammaticità la realtà per poi buttartela in faccia in tutta la sua tragicità, come se stesse chiedendoti: “e adesso? Cosa intendi fare?”
L’invenzione del Realismo Terminale, movimento letterario ed artistico al quale ho aderito il giorno stesso in cui Guido mi ha spiegato cosa fosse e cosa proponesse, è stata uno di quei colpi di genio che la storia riserva solamente ai grandi.
Realismo Terminale significa cambiare linguaggio, superare il ‘900, rovesciare le similitudini ponendo in primo piano gli oggetti, che dominano l’immaginario, relegando la natura ad un ruolo secondario.
Significa fare un salto d’orbita quantica nel linguaggio andando a pareggiare i conti col salto siderale dell’antropologia e dell’escatologia che ha cambiato il senso della vita di tutti noi negli ultimi decenni.
Ed il risultato è il rafforzare i concetti, dotare di vigore le descrizioni, rendere le soluzioni capaci di apparire come d’incanto direttamente al cuore saltando a piè pari il filtro della razionalità.
Oldani mi ha preso con se, ed io gliene sono grato, ha fatto di me un portatore d’acqua, o forse qualcosa di più, nel sostenere l’idea, la novità, del Realismo Terminale, ed io, come un lenzuolo strappato via dal vento dal filo dei panni stesi per diventare una delle tante vele d’una nave volante, mai come oggi, mi sento parte attiva della storia.
Grazie Guido.