Una poesia di Stefano Torre, poeta Realista Terminale piacentino, è stata inserita nella antologia “Hacker pentiti contro i Realisti Terminali” pubblicata da Mursia.
Si tratta di una raccolta che reca la prefazione di Giuseppe Langella e curata dal poeta bresciano Igor Costanzo.
Trae origine dall’attacco hacker subito dai Realisti Terminali in occasione della riunione pubblica del marzo scorso nella quale è stato commemorato Franco Loi, poeta milanese passato a miglior vita nel gennaio di quest’anno che, col suo meneghino un po’ contaminato, è dalla critica considerato l’erede di Carlo Porta e di Delio Tessa, e certamente uno dei grandi poeti dialettali del quarto Novecento.
L’ATTACCO DEGLI ZOOMMANNARI
In quella occasione si presentarono alla riunione un gruppo di hacker, sedicenti zoommannari, che hanno tentato in tutti i modi di far fallire la riunione tramettendo messaggi ingiuriosi ed immagini pornografiche e politiche inneggianti al nazismo.
È stato un attacco in grande stile, concertato e a suo modo spettacolare, un’invasione di campo, fatta di urla belluine, bestemmie e sproloqui, atti osceni e agghiaccianti simbologie politiche, che per più di mezzora ha tenuto in scacco i Realisti Terminali, turbando fortemente il clima dell’incontro e la scaletta degli interventi programmati.
Ma gli assalitori non l’hanno avuta vinta, tant’è che, quando hanno ben deciso di porre fine alla loro sarabanda, hanno riconosciuto ai poeti l’onore delle armi, chattando persino parole di apprezzamento; ammansiti come il lupo di Gubbio, di cui si narra nel celebre “fioretto” di san Francesco.
La non reazione dei poeti fu tale da far desistere il gruppo degli zoommannari, che ha abbandonato la riunione ringraziando per la resilienza.
Si legge nella prefazione: “Ai tanti sbandati di questi anni Duemila, che non sanno interpretare la causa del loro forte, esasperato, malcontento, il Realismo Terminale, che invece una visione ce l’ha, si fa incontro forte della sua vocazione civile, incanalando la loro scomposta rivolta in un orizzonte di coscienza storica.”
In quella occasione la poesia ha vinto sul nichilismo, ed è fallito il tentativo di imporre il nulla che pervade la società contemporanea a chi cerca viceversa di interpretarne i mali per individuare una possibile via d’uscita usando il linguaggio della poesia.
LA POESIA DI STEFANO TORRE
Stefano Torre nel suo testo ha definito il gruppo come agnelli diventati lupi dopo aver perso il pastore, diventati branco, ovvero vittime di quella perdita della identità individuale che vi è sottesa con tutta la negatività connessa.
Essere branco è profondamente nichilista, implica la perdita del libero arbitrio ed impone invece una volontà di gruppo, nella quale è sempre il male a dettare le regole del gioco.
Ma anche facendo parte di un branco, rimane pur sempre la capacità, nel profondo della propria coscienza, di riconoscere il bene, di avere un cuore in grado di stupirsi di fronte alla bellezza della vita.
Ecco il testo di Torre:
ZOOMMANNARI
Il virulento ingresso
zoommannaro
è omologazione di pecore
che pensano a se stesse
come a lupi
in un branco senza più un
pastore
Ed Il vincastro perso è
una spranga
da rompere sui denti dei
poeti
e farsi battaglione di
plastica
ringhiando e sbuffando di
politica
come una locomotiva a
vapore
Dentro al branco l'agnello
si fa lupo
e pur conserva ancora un
cuore mite
che alla fine dell'orda di
squallore
lascia intatto ancora il
suo stupore
TRRSFN, 2021
Torre in passato ha pubblicato: Marinai e poeti sono tutti morti (1994), Il cristallino di piombo (2020), L’erede al trono di Danimarca (2021), ed ha partecipato con i suo testi alle antologie: Christmas Blues, Il carnevale dei piedi e Lo sgabello degli Angeli, curate da Tania di Malta.
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