Da quando c’è il #coronavirus l’interazione con i post di Facebook è schizzata in alto.
L’evidenza è che c’è una fortissima preoccupazione tra la gente e che ci sono voci ed idee diverse su quello che ci sta succedendo.
Facebook, più di altri socia network, sollecita gli utenti a dire la propria opinione, e quando la gente si ritrova a vivere delle limitazioni alle libertà personali, allora si scatena l’insoddisfazione, anche in modo decisamente virulento.
Sui miei post ho ricevuto insulti di ogni genere, frammisti a commenti positivi ed a molte condivisioni.
Il problema è che al vita sui social scatena una parte di noi che normalmente rimane compressa. E molto più facile ergersi a censori, senza avere un interlocutore davanti, di quanto lo sia in un confronto dialettico.
E siccome il dialogo è ridotto a poche frasi, scritte e differite, rispetto a quello che succede in una accesa discussione, le parole grosse volano con molta più facilità .
In ogni caso il corona virus sta creando paura, per tanti versi ingiustificata, ma prevedibile. È scontato che di fronte a limitazioni forti della libertà , ci si trovi a pensare perché, dandosi come risposta che, quando le misure restrittive sono così severe, allora deve esserci un pericolo grande.
Questa volta non ho visto pletore di virologi e tossicologi novelli impegnati a dire la loro, ho visto molti, viceversa, tentare di interpretare il momento, tentare di dire la loro su quello che, hoc et nunc, occorre fare.
E per lo più ho visto discorsi pacati e preoccupati, inviti ad osservare le regole imposte, con pazienza.
Qualcuno non smette la polemica politica, ma nel farlo non si erge a titolare di cattedra di virologia, semplicemente dice la sua opinione politica su questo fenomeno che mette l’Itali sotto scacco.
Quello che è grave è il fatto che paesi come la Romania o la Jamaica, abbiano interdetto il loro territorio agli italiani, ed abbiano di fatto scatenato una sorta di fobia collettiva verso chi proviene dal nostro paese.
Non si tratta di Razzismo o disinformazione, semplicemente si tratta di evitare che il virus dilaghi. Sono misure di tutela che è giusto che vengano prese.
Ora la situazione è seria.
Ci saranno conseguenze economiche forti che probabilmente porteranno a rivedere i modelli che da decenni il mondo utilizza per valutare la crescita e la prosperità , ed io mi auguro che questo tempo di quarantena ci porti a rivalutare il modo frenetico con il quale viviamo.
I tempi per riflettere, per costruire rapporti profondi, normalmente ci sono negati dallo stress della vita moderna.
Negli anni settanta Ernesto Calindri pubblicizzava il CINAR, aperitivo a base di carciofo, seduto in mezzo al traffico, come se fosse une elisir contro lo stress. Vedeva lontano, anche se non indossava mascherine.
Ora potremmo interpretare il CoronaVirus come un elisir anti stress. Vista al contrario, la situazione ha i suoi lati positivi, va là , beviamoci un CINAR.